Reportistica di sostenibilità: GRI e altri framework a confronto

Il Global Reporting Initiative (GRI) è ad oggi lo standard di reportistica di sostenibilità più diffuso al mondo, di conseguenza risulta importante capire come questo strumento si inserisca nel contesto degli strumenti di valutazione delle performance di sostenibilità.

In relazione agli altri strumenti di valutazione della sostenibilità (alcuni dei quali sono stati presentati in un precedente articolo), il GRI presenta alcune somiglianze e alcune differenze. Alcune delle più rilevanti verranno discusse a confronto con altri strumenti appartenenti alle varie categorie (sistemi di gestione, framework, standard, ranking/rating).

Di seguito proponiamo una descrizione di alcuni degli strumenti più comunemente citati in concomitanza al GRI:

  • il SASB (Sustainability Accounting Standards Board) come standard;
  • UNGC (United Nations Global Compact) e gli SDG (Standard Development Goals) come framework;
  • il Dow Jones Sustainability Index come ranker/rater;
  • AA1000, le certificazioni ISO, SA 8000 e la certificazione B-corp, rilasciata dal B-Lab, quali sistemi di management.

Lo scopo del GRI, ovvero di rendere la reportistica trasparente e consentire un dialogo aperto sull’impatto sostenibile delle aziende, si distingue da quello dello standard SASB (Sustainability Accounting Standards Board), che è invece più focalizzato sull’impatto finanziario delle pratiche sostenibili. Lo standard SASB inoltre è fortemente settoriale, in quanto fornisce metriche specifiche per le 77 tipologie di aziende di riferimento suddivise in 11 diversi settori. Il SASB, focalizzato anch’esso su tutte e tre le dimensioni di sostenibilità, fornisce una serie di indicatori, principalmente quantitativi (75%), mentre il GRI permette alle aziende più flessibilità, fornendo dei suggerimenti per costruire i propri indicatori rilevanti, anche se negli ultimi anni gli standard settoriali del GRI sono stati aggiornati e verranno introdotti nuovi standard per specifici settori, che tuttavia non sono vincolanti.

Inoltre, essendo più orientato agli impatti finanziari, il SASB è rivolto principalmente agli investitori, mentre il GRI si adatta a una platea più vasta di stakeholder. Il SASB, al contrario del GRI sembra essere più diffuso in America, mentre il GRI gode di una più ampia diffusione in Europa ed Asia. Infine, anche il SASB, come il GRI, non richiede una validazione o un audit obbligatorio per testimoniarne la validità e credibilità.

UNGC, come framework, mira a creare un movimento globale di aziende e stakeholder per creare un mondo più sostenibile tramite la diffusione di 10 principi universalmente accettati nelle aree dei diritti umani, del lavoro, dell’ambiente e dell’anti-corruzione. Le aziende aderenti a tale iniziativa sono tenute a consegnare un report, detto Communication on Progress (CoP), in cui attestano come hanno contribuito al raggiungimento di tali principi. Anche in questo caso vi è un rapporto sinergico tra UNGC e GRI, in quanto l’utilizzo dei principi forniti dal UNGC rafforza le basi per la reportistica su tali temi e viceversa. L´UNGC non prevede il rilascio di un certificato di audit, tuttavia la consegna del CoP da parte delle aziende ne aumenta l’affidabilità.

Gli SDG (Sustainable Development Goals), considerati anch’essi dei framework, mirano al raggiungimento di pace e prosperità per le persone e il pianeta in vista dell’Agenda 2030 redatta dalle Nazioni Unite. I 17 SDG sono adattabili a diversi scopi e contesti e sono un utile aiuto a rendere maggiormente standardizzati gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle aziende. Il GRI esplicita chiaramente tramite un documento ad-hoc (https://www.globalreporting.org/public-policy-partnerships/sustainable-development/integrating-sdgs-into-sustainability-reporting/) come integrare tali obiettivi e gli indicatori nel report del GRI.

Passando ai rankers and raters, il Dow Jones Sustainability Index (DJSI) mira a guidare gli investitori nella scelta delle aziende in base alla loro performance di sostenibilità. In questo caso le performance dell’azienda vengono valutate tramite una serie di fonti diverse non accessibili a terzi (come questionari, pubblicazioni dell’azienda, media, contatto personale con la dirigenza). Il punteggio finale è ottenuto con delle stabilite regole matematiche e i risultati sono d’interesse principalmente per gli investitori, quali principali fruitori delle informazioni. In generale, sembra che le aziende facenti parte del DJSI, adottino con maggior probabilità anche il GRI.

Per quanto riguarda i sistemi di gestione, i cosiddetti standard AA1000, creati dall´Organizzazione AccountAbility, sono stati sviluppati per consentire alle aziende di dimostrare la propria leadership e le proprie prestazioni in materia di responsabilità, affidabilità e sostenibilità e forniscono una guida su come implementare le iniziative di sostenibilità, coinvolgere gli stakeholder in tali pratiche e come verificare i report; hanno quindi una declinazione e uno scopo più ampio rispetto ai precedenti.

Tra i sistemi ISO, l’ISO 14000 rappresenta il punto di riferimento normativo per aziende e organizzazioni dotate, o che intendano dotarsi, di un Sistema di Gestione Ambientale. Fornisce quindi un quadro di riferimento per un approccio olistico e strategico alla politica, ai piani e alle azioni ambientali di un’organizzazione.
L’ISO 26000, invece, è il riferimento normativo per assistere le organizzazioni nel contribuire allo sviluppo sostenibile, promuovere la comprensione comune nel campo della responsabilità sociale, integrare altri strumenti e iniziative per la responsabilità sociale. Mentre l’ISO 14000 è focalizzato sugli aspetti ambientali, l’ISO 26000 incorpora invece tutte e tre le dimensioni della sostenibilità. Entrambi gli Standard di gestione non forniscono degli indicatori ma delle indicazioni da seguire per promuovere le pratiche e l’impatto sostenibile. L’ISO 14000 prevede il rilascio di una certificazione che ne attesti la corretta applicazione, al contrario dell’ISO 26000 per cui non è stato previsto l’ottenimento di tale certificazione (motivo per cui talvolta viene criticato).

La SA8000 è uno standard di gestione che ha l’obiettivo di aumentare l’attenzione delle aziende e dei fornitori relativamente all’utilizzo di pratiche e condizioni di lavoro. Si focalizza pertanto sugli aspetti sociali di sostenibilità. La SA8000 è organizzata in diversi capitoli (lavoro infantile, lavoro obbligato, salute e sicurezza, libertà di associazione, diritto alla contrattazione collettiva, discriminazione, pratiche disciplinari, orario di lavoro). Anche per questo, è previsto il rilascio di una certificazione qualora l’azienda aderente superi l’audit programmato.

Infine, il B-Lab è un’organizzazione americana non governativa che fornisce una serie di servizi per la valutazione, il benchmarking e la gestione dei problemi relativi ad aziende che vogliono soddisfare i più elevati standard di trasparenza, responsabilità e sostenibilità. Si tratta di un’organizzazione indipendente, a scopo di lucro, che si occupa di valutare e certificare l’impatto sostenibile delle aziende. Il B-Lab offre diverse iniziative che consentono di determinare il livello di sostenibilità di un´azienda: come per esempio la creazione di una legislazione ad hoc che crei una forma societaria – la benefit corporation – in grado di soddisfare standard più elevati di scopo, responsabilità e trasparenza; la certificazione B-Corp, che attesta un processo di transizione dell´azienda verso traguardi più sostenibili negli ambiti sociale, economico ed ambientale; la piattaforma B-Impact Assessment per autovalutare il proprio impatto sostenibile. In questo caso, l’organizzazione consente alle aziende di traslare gradualmente verso pratiche e valori sostenibili.

Nel complesso, si può affermare che lo standard più simile al GRI sia lo standard elaborato dalla Value Reporting Foundation (VRF), il SASB (Sustainability Accounting Standard Board). Quest’ultimo, tuttavia, è più utilizzato per determinare quale sia l’impatto finanziario delle pratiche sostenibili adottate. Come osservato nel documento redatto in collaborazione con la VRF; si può affermare che i due strumenti possano essere usati in concomitanza.

In conclusione, l’armonizzazione degli strumenti per la valutazione delle performance di sostenibilità costituisce un obiettivo ancora da raggiungere. Nel panorama degli strumenti esistenti sopra esposto, ogni strumento ha una sua diversa applicazione in termini di utilità, stakeholder coinvolti e metodologie per la misurazione e la verifica delle pratiche. Alcuni possono essere usati in concomitanza.

Al momento attuale, non si può affermare che esista un “tool” dominante o superiore agli altri: in base alle necessità dell’organizzazione possono essere utilizzati uno o più di questi strumenti. In ogni caso, tra gli standard di reportistica esistenti, il GRI è sicuramente uno tra i più completi e diffusi al mondo. Il GRI sta inoltre collaborando con molti degli enti nominati sopra, come già accennato, per giungere ad un set di pratiche e regole condivise a livello europeo e/o globale.

 

L’articolo è stato realizzato con il cofinanziamento dell’Unione europea – FESR o FSE, PON Ricerca e Innovazione 2014-2020.

blank

 

 

blank
Autore: Beatrice Bais

Laureata in Ingegneria Gestionale all’Università degli Studi di Udine nel 2018 con una tesi magistrale sul tema del reshoring. Ha iniziato la sua carriera come consulente ERP collaborando con diverse aziende italiane per circa quattro anni. Dal gennaio 2022 è dottoranda di ricerca presso la Libera Università di Bolzano e svolge attività di ricerca sulla valutazione delle performance ESG e di sostenibilità nelle aziende, con particolare riferimento al Global Reporting Initiative (GRI). Ulteriori temi di interesse trattati sono l’applicazione delle tecnologie green a livello di azienda e di supply chain.

 

Autore: Guido Orzes

Dottore di Ricerca in Ingegneria Industriale e dell’Informazione, è Professore Associato di Ingegneria Economico-Gestionale alla Libera Università di Bolzano, dove insegna Process and Technology Management, Business Planning e Economics for Engineers. E’ stato Honorary fellow all’University of Exeter e visiting scholar al Worcester Polytechnic Institute. È autore di oltre 120 lavori su sostenibilità, gestione delle catene di fornitura internazionali, e Industria 4.0. E’ Associate Editor del Journal of Purchasing and Supply Management e dell’International Journal of Management Reviews. È Presidente dell’European Decision Sciences Institute.

 

Autore: Guido Nassimbeni

Dottore di Ricerca in Ingegneria Industriale e dell’Informazione, è Professore ordinario di Ingegneria gestionale (INGIND/35) presso l’Università degli Studi di Udine. Già Associate Editor del Journal of Operations Management, è oggi Area Editor di Operations Management Research e membro dell’Editorial Review Board del Journal of Purchasing and Supply Management. Sui temi dell’industria 4.0, del supply chain / network management, dell’international manufacturing e sourcing ha pubblicato più di 170 lavori scientifici sulle più importanti riviste internazionali in ambito Operations Management.



Lascia un commento

Scopri di più sui nostri webinar!

Tieni le tue competenze sempre aggiornate e approfondisci le tue conoscenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro con i nostri webinar.